Il racconto che segue è estremamente lungo: tagliarlo sarebbe stato come tagliare i miei ricordi ma è vivamente sconsigliato ai non malati di quel sano morbo chiamato passione per la corsa e per la maratona in particolare (lascerò a successivi post commenti squisatemente tecnici e non solo) . Se per la prima maratona il racconto era stato "a più voci" questo mi è uscito unico come unite sono state mente e corpo nelle 2H58min e 48se della maratona.Quella di domenica è stata l'emozione sportiva più intensa che ho vissuto e che credo mai più rivivrò. Non è e non sarà certo il mio tempo migliore (podisticamente parlando) in valore assoluto (il tempo sulla mezza pur nel suo anonimato è superiore in valore) ma resta un obiettivo perseguito da mesi, forse da anni e che si è materializzato nel modo a me più caro: "La mia maratona di fatto incomincia alle 21,30 del Sabato quando mi ritiro nella stanza “letto ospiti e giochi” per lasciare alla prole e alla consorte il resto della serata (episodio unico e credo non ripetibile): tutti e tre sanno che molto presto sarebbe cominciata per me una giornata speciale … quando sento mio figlio maggiore Guglielmo (7 anni) intimare al fratello Lorenzo (3 anni) di non entrare nella stanza “perché papà deve correre LA MARATONA e si deve alzare presto” capisco che sono riuscito a trasferire a tutti il pathos dell’evento: rido della mia sana follia e prendo sonno all’istante. Riposo senza problemi e alle 5,15, cinque minuti prima della sveglia, Morfeo mi abbandona. Tutto era meticolosamente pronto dal giorno prima compresa la forse eccessiva colazione di 400kcal: un pacchetto di Pavesini, una barretta glucidica decathlon, 2 gel pre-gara Enervit (solo carboidrati a basso indice glicemico). L’abbigliamento è già studiato da giorni ma l’attenzione su certi particolari è assoluta: le calze indossate con cura (per evitare il circolo vizioso piega-vescica), la vaselina contro gli sfregamenti, la maglia tecnica “Milano Marathon 2008” (ricordi Lucky?) adatta alla giornata umida ma non freddissima.
Per l’occassione mi regalo pure il taxi-papà che mi evita inutili corse e viaggi in pullman da Pavia a Milano (come l’anno scorso) e mi garantisce la macchina pronta per il ritorno dove nessuno mi aspetterà al traguardo … non voglio che un mio hobby monopolizzi la famiglia … neppure nel giorno che sogno essere “il più bello” podisticamente parlando.
Così grazie al training autogeno del papà (la sua voglia di comunicare su mille argomenti extra-podistici mi distoglie dalla ansia dell’evento … neppure Schultz e Trabucchi avrebbero saputo fare meglio …) si arriva in prossimità del riscaldamento in un alternarsi di varie intensità di pioggerellina. Il saluto a Mauro è veloce, intenso e di intesa: entrambi abbiamo in testa obiettivi precisi e ciascuno vuole gestire a suo modo il riscaldamento. Il riscaldamento è breve (poco più che 10 minuti di corsa lenta e progressiva) ma sufficiente a capire che il Garmin (come troppo spesso capita di recente) ha problemi: nessun segnale gps e cardio. Poco male sono tranquillo e voglio concentrarmi sulle mie sensazioni, sul cronometro e sulle indicazioni chilometriche deglimorganizzatori. Mi spiacerà solo a posteriori per avere poca traccia dei passaggi e di dati su cui da buon “drogato” di numeri avrei speculato per anni.
Lo sparo mi coglie rilassato con la consapevolezza, cresciuta nelle precedenti cinque maratone, che nei primi chilometri si può solo andare “troppo forte” e si possono solo sprecare utilissimi carboidrati (per il finale). Quando passo al mio primo chilometro e vedo 4’12’’ capisco di aver fatto il primo km più lento di tutte le precedenti maratone e lo interpreto come segnale positivo.
I primi 5 km trascorrono anonimi nella zona a sud di Milano. Passo al 5° km esattamente in 21’10’’ come Giancarlo mi aveva indicato. Si arriva finalmente al Naviglio Grande, zona storica milanese.
I luoghi e i locali sono “famosi”, si passa di fronte alla Canottieri e si va verso la Darsena. L’andatura è regolare tra i 4’13’’ e i 4’16’’, Lungo il Naviglio Grande, come successe lo scorso anno, si formano i primi gruppetti ad andature omogenee: l’adrenalina dei primi chilometri è passata a tutti e il passo che ciascuno si è (più o meno ottimisticamente) attribuito incomincia ad essere seguito.
Rimango affiancato per più di un km ad un atleta dal passo molto simile al mio. Da mie ricerche post gara è Rimoli Francesco. Entrambi stiamo tentando di abbattere il muro … entrambi abbiamo buoni tempi sulla mezza (lui addirittura 1h 20min) e un conto aperto con la distanza doppia. Si apre un tipico sodalizio podistico che si infrangerà in due momenti precisi e che temo abbia aiutato solo il sottoscritto (ma Francesco ha la forza e la gioventù dalla sua per rimediare in un prossimo futuro).
Cosi alternandoci in testa o rimanendo a tratti appaiati i km passano rosicchiando qua e là qualche secondo alla media prefissata. Il quindicesimo chilometro ci vede passare in leggerissimo anticipo rispetto alla tabella “Giancarlo” in 63 minuti e 30 secondi.
Abbiamo già superato da qualche chilometro la partenza della 33km e l’entusiasmo quasi alieno dei partenti, dall’altra parte del Naviglio. Nel timore della disidratazione ai ristori ho forse ecceduto (come anche in partenza) nel bere qualche goccia di acqua di troppo.
La mia debole e nervosa vescica incomincia a brontolare … tra il 15° e il 17° km si svolge una profonda battaglia nella mia mente, da una parte sono sicuro di poterla lasciar brontolare per ancora due ore, dall’altra temo che mi condizioni e mi obblighi a soste in momenti meno propizi.
Le gambe girano bene, non voglio dare altre scuse alla mente … mi voglio sentire libero in tutti i sensi. Incomincio a guardarmi intorno (correndo) preda di qualche stupido ma inconscio senso di pudore … e superato l’incrocio con la tangenziale ovest effettuo un pit-stop liberatorio quanto censurato da due signore probabilmente sulla via della messa domenicale. Sono i 30 secondi che non mi sarei sognato mai di perdere, ligio nel seguire una dieta priva di verdure e frutta il giorno prima (per evitare la massa intestinale residuale) e nel effettuare almeno 2 soste pipi nel riscaldamento pre-gara.
In quei circa trenta secondi mi libero non solo delle scorie fisiologiche ma anche di quelle mentali. Riparto da una lato arrabbiato e convinto di aver perso i secondi “fatali” dall’altro leggero di vescica, di gambe e di mente. Francesco è lontano ma essendo ormai “tuttadritta” la strada lo vedo sempre all’orizzonte.
Ragiono, non mi intestardisco a raggiungerlo subito, facendo uno sforzo che avrei pagato nel finale, ma completo i km che mi separano alla mezza attorno ai 4’13’’. Passo alla mezza in 1h29min43sec con la consapevolezza di aver perso 30 secondi ma di essere ancora in gioco soprattutto perché le gambe sono leggere. Da qui al 28° km Francesco davanti sarà una lepre utilissima. Smetto di guardare al cronometro in maniera continuativa e mi concentro sulla sua sagoma che lentamente si avvicina. Tra il 24° e il 27° km purtroppo la strada non è asfaltata, lo sterrato è buono ma la pioggia lo rende scivoloso. L’attenzione si fa massima per non cadere, per non rallentare ma contemporaneamente per non sprecare troppe energie. Riesco a gestire a 4’15’’ questi chilometri e proprio al 28° km raggiungo Francesco: siamo in media perfetta 1h59minuti.
Resto con Francesco per poco più di un chilometro, lo vedo sofferente, gli indico di starmi dietro e di seguirmi ma è poco reattivo (la recente maratona di Lucca, si fa sentire come ho provato sulla mia pelle neli precedenti cicli dove ho bissato la maratona a distanmza di poco tempo). Chiudiamo il 29°km in 4’17’’ un pelo troppo lenti. Temo il peggio ma voglio perlomeno rimandarlo …
Prendo l’iniziativa e accelero leggermente sperando che Francesco mi segua ma non reagisce. Non insisto perché so che una crisi al 30° è delicata ed ha bisogno di una gestione personale. Ed infatti arriverà comunque bene al traguardo con il personale in 3h 03min seppur non con il crono che sperava. Una breve salitella mi segnala la fine del 30° km chiuso in 4’12’’.
La salita mi spalanca l’orizzonte verso un infinito rettilineo con poche sagome all’orizzonte e ancora 12 km da percorre …
Saluto l’inizio della Maratona, mi deprimo, vedo i fantasmi delle precedenti sofferenze all’orizzonte ma decido di giocare con la mente e con i numeri. Immaginerò il traguardo ad ogni chilometro che non dovrà essere percorso in più di 4’15’’. E così concentrandomi su questo “trucco” e prefigurandomi il traguardo all’orizzonte mi trascino superando una decina di concorrenti fino al 36° km che passo (se la memoria non mi inganna) in 2h32 min 40 secondi. A questo punto ripasso il mantra-racconto di “Giancarlo” sulla sua maratona under 3 ore che ho studiato a memoria in questi due anni … ripasso gli incoraggiamenti finali tenuti a mente di tutti i blogger, mi passa un ciclista in bicicletta che scambio inizialmente per Lucky . Faccio due conti e seppur stanco mi dico che non posso non riuscire a fare 6,2km in 27 minuti e 20 secondi … 4’24’’ … fondo lento. E con la mente incomincio a gestire.
Questo mi rilassa e mi galvanizza nello stesso tempo. Con la politica del “chilometrino per volta” arrivo al cartello del 39° km in 2h46min circa.
Qui incomincia la consapevolezza di “avercela fatta”, vedo la periferia di Pavia e piccoli dettagli che ho scorso mille volte in treno, fermo in attesa di entrare in stazione tornando pendolare da Milano verso la mia Voghera.
Scritte e lettere la cui “fissità” aumentavano l’isterismo di noi pendolari dei treni in ritardo fermi in attesa di entrare in stazione, oggi scorrono veloci e sono il segnale che nulla può fermare il treno in corsa “Micio”verso il suo piccolo anonimo ma per lui grandissimo momento di gloria.
Al 40° km si entra in Pavia, ci sono due passaggi delicati, per la pioggia, con due curve a gomito e un doppio salto di marciapiede: li “pennello” leggero e preciso alla Nurayev, attento a non correre il minimo rischio. Improvvisamente, giusto per aggiungere un po’ di suspence nel finale, un rigurgito di acqua (mi sono idratato in eccesso agli ultimi ristori) mi rivoluziona lo stomaco ma non mi posso fermare … tutto di corsa.
Il castello visconteo di Pavia e i suoi giardini mi segnalano il 41°km: quanti ricordi ...uno dei primi baci su tutti. Improvvisamente mi piacerebbe avere il tifo di tutti i miei familiari e di tutti i miei amici… ma questo è il mio momento quello che ho sempre sognato in mille uscite solitarie all’alba e al tramonto, con –10° e con 35° da Ausburg a Cosenza ed è giusto che lo viva in questo modo da solo.
L’ingresso in Strada Nuova (la via della Pavia storica) mi indica che è cominciato l’ultimo chilometro su pesanti lastroni resi scivolosi dalla pioggia in questo momento battente. L’attenzione è solo a non cadere, a non decelerare perché posso stare sotto al 59° minuto oltre le due ore e a godermi il passaggio di fronte alla mia Università. Mancano 700 metri e l’ingresso storico all’ateneo è alla mia sinistra, quante mattinate passate in quei cortili durante i primi anni di Ingegneria … i ricordi scivolano veloci come le mie gambe. Un ultimo rigurgito mi rammenta che non è ancora finita e incomincio lo sprint finale. A 20 metri dal traguardo un gesto misto di gioia e di liberazione incomincia la mia frenata e la mano ferma il cronometro esattamente sul tappeto blu: 2h58min48sec.
Le immagini e le sensazioni dei succesivi due minuti sono tante, sovrapposte e intime … difficile e limitante descriverle. La maratona che ho “sognato”, studiato, preparato, ripassato per mesi si è materializzata nel luogo, nei modi (negative split) e nei tempi (cronometrici e atmosferici) sperati.
Libero il mio stomaco dagli eccessi di liquidi, mi riparo dal freddo, rispondo meccanicamente ad una domanda dello speaker in attesa degli arrivi dilazionati e a gruppetti dei primi podisti e poi mi dirigo a ritirare pacco gara e bagagli.
La prima telefonata è per LEI, che ha subito pazientemente il mio nervosismo pre-gara, che segue la mia corsa indicandomi discretamente i (forse) rari eccessi ma anche regalandomi un’infinità libertà di azione e capendo il valore dello sport e dell’atletica, in particolare, per me e per coloro che abbiamo deciso di crescere insieme."